domenica 4 settembre 2011

Breve Storia del Cinema Italiano - 9

Nona Puntata 
Altri neorealisti

Il neorealismo porta un cinema nuovo, rappresenta la rivoluzione della verità dopo tanti anni di retorica nazionalista e conta un buon numero di registi che producono film interessanti. Vediamoli in sintesi.

Carlo Lizzani

Aldo Vergano gira Il sole sorge ancora, Carlo Lizzani è autore di Cronache di poveri amanti e Achtung banditi!, Gianni Puccini realizza I sette fratelli Cervi e Il carro armato dell’8 settembre, Gillo Pontecorvo è l’autore de La battaglia di Algeri e di Kapò, Giuseppe De Santis filma Riso amaro, Caccia tragica e Non c’è pace tra gli ulivi.
Riso amaro (1949) è un capolavoro del neorealismo interpretato da Silvana Mangano, Vittorio Gassman e Raf Vallone. Giuseppe De Santis lo gira che ha soltanto trentadue anni, ma in età più matura non sarà in grado di  ripetere il successo di un’opera così completa. Riso amaro è un melodramma sociale ambientato tra le risaie del vercellese che racconta la vita delle mondine e costruisce una storia memorabile di piccoli truffatori e amori disperati. Silvana Mangano vestita da mondina è un’immagine indelebile che rappresenta la bellezza femminile di un periodo storico.

Silvana Mangano in Riso amaro

Alberto Lattuada debutta con Giacomo l’idealista (1943), film tratto da un romanzo di Emilio De Marchi che viene ingiustamente accusato di formalismo, mentre è una critica antiborghese che punta l’indice sull’ipocrisia della gente per bene. Lattuada è un regista importante del nostro cinema e sin dalla sua opera prima si intuisce la centralità della figura femminile, elemento che caratterizza la filmografia dell’autore. Lattuada gira Il bandito (1946), in pieno solco neorealista, descrivendo il ritorno dei soldati dalla guerra e le cadute nel mondo della malavita, così come De Santis parla dei reduci banditi e dei problemi di reinserimento in Caccia tragica. 

Pietro Germi (1914 - 1974) è un nuovo talento del cinema italiano post bellico, forse il meno legato al neorealismo, perché ama ispirarsi al cinema statunitense, soprattutto western e noir, combinandoli con situazioni tutte italiane. Il suo esordio conferma questa predilezione, perché Il testimone (1945) è un insolito noir psicologico a tinte fosche sulla vicenda di un uomo che decide di uccidere il suo accusatore. In nome della legge (1949) è ancora un film all’americana per affrontare il problema dell’omertà mafiosa, ma è anche una pellicola populista di impegno civile. Il cammino della speranza (1950) doveva chiamarsi provocatoriamente Terroni, ma la censura non lo permette. Il film conduce lo spettatore nel mondo dei minatori costretti a emigrare in Francia per mancanza di lavoro e fa vivere una sorta di viaggio morale della disperazione. La città si difende (1951) è di nuovo un noir realistico raccontato dal punto di vista dei perdenti, una storia di piccoli banditi che rubano l’incasso dello stadio e finiscono male.


Il ferroviere (1956) è il film più noto di Germi, descrive i problemi del mondo operaio e racconta la tragedia di un uomo che assiste alla disgregazione della famiglia e dei valori in cui ha sempre creduto. L’uomo di paglia (1958) vede ancora protagonista un operaio che prende una sbandata per una dattilografa e subisce tragiche conseguenze. Un maledetto imbroglio (1959) indaga tra vizi e virtù della media borghesia italiana. Cinema di impegno civile più che neorealismo, anche se il neorealismo di Germi si intuisce nelle descrizioni dei casermoni periferici e nell’occhio della macchina da presa che indaga luoghi e sentimenti. Pietro Germi si ricorda anche come ottimo autore di commedie all’italiana che presentano spaccati di vita provinciale sotto la lente del grottesco. Indimenticabili titoli come Divorzio all’italiana (1961), Sedotta e abbandonata (1964) e Signore e signori (1965).

Il ferroviere di Pietro Germi

Luigi Zampa (1905 - 1991) è un commediografo che entra nel cinema come sceneggiatore, realizza un gran numero di copioni per le pellicole dei telefoni bianchi e gira in proprio una commedia come L’attore scomparso (1940). Possiamo includerlo tra i registi del neorealismo per alcuni film come Un americano in vacanza (1945), Vivere in pace (1947), L’onorevole Angelina (1947), Campane a martello (1949), Cuori senza frontiere (1950). In realtà Zampa è regista da caricatura brillante e bozzetto campestre  più che da fredda rappresentazione della realtà. Vivere in pace (1947) è il suo miglior film, sospeso tra commedia di costume e melodramma, racconta la tragedia di un popolo che subisce una guerra senza condividerla. All’estero è stato definito un film neorealista, ma non è così vero, perché molti personaggi e situazioni lo avvicinano alla commedia rosa. Zampa collabora con lo scrittore Vitaliano Brancati (Anni difficili, Anni facili, L’arte di arrangiarsi) realizza alcune denunce sociali graffianti (Processo alla città, 1952), diverse trasposizioni da opere letterarie abbastanza riuscite (La romana) e alcune satire della vita moderna (Il vigile, 1960). Luigi Zampa va ricordato anche come esponente della commedia all’italiana soprattutto per Il medico della mutua (1968) con protagonista Alberto Sordi.


Non dobbiamo dimenticare tutti i lavori dialettali romani, interpretati da attori come Aldo Fabrizi e Anna Magnani, che anticipano il neorealismo. Avanti c’è posto (1942) di Mario Bonnard è il debutto al cinema di Aldo Fabrizi e presenta già il gusto per il pedinamento del protagonista tipico del neorealismo. Campo de’ fiori (1943) di Mario Bonnard è il primo ruolo da popolana per la Magnani e il regista prova a rappresentare la realtà in maniera concreta con momenti di critica sociale. L’ultima carrozzella (1943) di Mario Mattòli anticipa la voglia di realismo con molte sequenze girate in esterni. Fabrizi interpreta se stesso, visto che in gioventù aveva fatto il vetturino.


I comici che guardano con occhio disincantato e ironico la sconfitta della Seconda Guerra Mondiale contribuiscono a inserire una voglia di commedia nel cinema italiano che sfocia nel neorealismo rosa. Come persi la guerra (1947) di Carlo Borghesio, interpretato dalla maschera lunare di Macario, realizza un curioso ritratto antiretorico del soldato italiano. Napoli milionaria (1950) di Eduardo De Filippo ricostruisce la vita di un vicolo napoletano nel periodo bellico e racconta la dolente umanità di fascisti, tedeschi, alleati e povera gente. Totò presta il suo volto per una commedia dolceamara piena di spunti polemici, tratta dall’omonimo lavoro teatrale di De Filippo.

Kirk Douglas è Ulisse nel film di Mario Camerini

Il neorealismo non rappresenta tutto il cinema italiano del dopoguerra, che continua a produrre film storici e in costume come Ulisse (1954) di Mario Camerini e Quo vadis? (1962) di Mervyn LeRoy. Proliferano film tratti dalle opere liriche, le vite di Puccini e Verdi dirette da Gallone e Materazzo, ma soprattutto nasce un genere nuovo come la commedia che sarà importante per il cinema italiano.

Anni ruggenti di Luigi Zampa: http://www.youtube.com/watch?v=jH5iLkoVZjY

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