giovedì 21 giugno 2012

Le sette vipere (1964)

di Renato Polselli


Regia: Renato Polselli. Soggetto: Vincenzo Cascino. Sceneggiatura: Vincenzo Cascino, Renato Polselli, Nilo Panaro. Direttore di Produzione: Vincenzo Cascino. Aiuto Regista: Giuseppe Pellegrini ed Ernesto Gastaldi. Architetto: Demofilo Fidani. Montaggio: Enzo Alabiso. Fotografia: Aiace Parolin. Commento Musicale: Felice Di Stefano. Produzione e Distribuzione: Accadia Film. Girato: Teatri di Posa: Titanus - Appia. Esterni: Buenos Aires - Roma. Canzoni: “Se vuoi lasciarmi” e “Il commendatore” cantate da Luciano Fineschi. Interpreti: Vincenzo Cascino, Gloria Paul, Lisa Gastoni, Solvi Stübing, Annie Gorassini, Susana Campos, Alicia Marquez, Valeria Fabrizi, Umberto D’Orsi, Alberto Bonucci, Alfredo Rizzo, Aroldo Tieri, Nicole Tessiér, Carla Calò, Marilù Asaro, Antonio Devi, Gianfranco Federici, Vincenzo Sartini, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.

Le sette vipere è noto anche con il sottotitolo Il marito latino ed è la seconda e ultima esperienza di un regista trasgressivo come Renato Polselli alla guida di due comici naturali come Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Il primo film di Polselli con i due siciliani inseriti tra i molti protagonisti è Avventura al motel (1963), una commedia sulla crisi della coppia, ma anche ne Le sette vipere il regista affronta il suo argomento preferito. Temi portanti della pellicola sono l’antagonismo uomo - donna, la crisi della coppia, il difficile rapporto tra moglie e marito, il divorzio e la legge che crea problemi invece di risolverli. Il tutto visto dalla lente deformante di un misogino come Polselli che non esita un istante a far dire a un interprete che ogni donna porta in cuore sette vipere e a sottolineare - per bocca di Gloria Paul - che “quando una donna vuole ogni uomo diventa uno stupido”.

Gloria Paul e Umberto D'Orsi

La storia è abbastanza complessa ma si riassume nella crisi coniugale tra un italiano (Cascino) e un’argentina (Gastoni), vissuta per colpa di entrambi, un marito all’antica che non vuole la moglie al lavoro e una donna perfida che decide di liberarsene con ogni mezzo. In questa situazione giocano un ruolo determinante le amiche frivole, separate e sposate più volte in Messico, alcune persino bigame, ma anche un avvocato (D’Orsi) maneggione e traditore. Tra le amiche ricordiamo la bravissima Valeria Fabrizi - ideatrice del piano per liberarsi del maschio - e il fascino sensuale della londinese Gloria Paul. La famiglia italo argentina non è perfetta, i genitori sono poco presenti, interessati solo al lavoro, mentre i figli vengono affidati alla governante tedesca Solvi Stübing, al debutto cinematografico, ma già famosa come testimonial della Birra Peroni (“Chiamami Peroni, sarò la tua birra!”). Lisa Gastoni è una donna moderna, pure troppo per l’Italia degli anni Sessanta, ma il film è ambientato in Argentina: beve, fuma e lavora. Molto bella e sensuale, spesso fotografata a gambe nude e in pose provocanti. Interessante la lite sul ruolo della donna in seno alla famiglia, che sentita oggi pare antiquata ma va storicizzata.


Il marito è un teatrale Vincenzo Cascino, tuttofare del film, visto che è soggettista, sceneggiatore e produttore, oltre che interprete principale. La segretaria del marito è Annie Gorassini, che alla fine diventa la compagna di vita dopo la fuga in Italia e accetta i figli della moglie argentina. Renato Polselli trasgredisce come può e inserisce nella pellicola sfilate in costume da bagno, riprese audaci delle parti intime durante balli sensuali (cha-cha-cha e mambo), sequenze erotiche molto audaci. Il pubblico voleva certe cose dal cinema e i registi all’avanguardia cercavano di accontentare lo spettatore sfidando la solerte censura. Una buona parte sexy vede la Gastoni concupire il marito prima per mandarlo in bianco e subito dopo per tentare una finta riconciliazione. La pellicola comincia come commedia sopra le righe per criticare l’istituzione del matrimonio ma anche la stupidità della legge e la perfidia interessata degli avvocati. Va avanti come un dramma psicologico quando il marito si sente sedotto e abbandonato (per citare Germi), perde i figli ed è costretto a rapirli per poter vivere con loro. La parte girata a Roma vede una bella fotografia della capitale di notte, così come a Buenos Aires viene sottolineato il contrasto tra baracche e quartieri ricchi. Da segnalare in negativo la pesantezza di certi dialoghi tra Cascino e la Gorassini, prima dell’arrivo della moglie a Roma e della lite davanti al presidente del tribunale. Il finale della pellicola è farsa allo stato puro, avanspettacolo di grande livello, che comincia con l’ingresso degli avvocati Franchi e Ingrassia che si scatenano da par loro con la complicità di Alfredo Rizzo. I due siciliani recitano la macchietta dei legali contrapposti che portano avanti con un registro comico surreale le ragioni dei rispettivi clienti. Quando la Gastoni confessa che i figli non sono del marito, Franco conclude con un latinetto storpiato: “Mater sempre certa, pater nun se sa!”. In questa parte da avanspettacolo va segnalato un ottimo Alfredo Rizzo, che asseconda da grande caratterista alle doti comiche dei due attori. Alberto Bonucci e Umberto D’Orsi forniscono nella prima parte del film altri due ritratti di legali che non fanno l’interesse dei clienti ma seguono soltanto il loro tornaconto. Aroldo Tieri interpreta un imprenditore libertino felice in mezzo alle donne in una casa di appuntamenti.


Il film pare ispirato alle vicissitudini personali del protagonista - soggettista - produttore Vincenzo Cascino ed è una commedia grottesca alla Polselli sulle vicissitudini giudiziarie da affrontare in caso di divorzio. L’interprete principale dovrebbe essere Walter Chiari, ma Cascino non sente ragioni, visto che finanzia il progetto, vuole la parte tutta per sé. Didascalico l’incipit con una voce fuori campo che legge una scritta in sovrimpressione: “L’antagonismo fra l’uomo e la donna per il predominio nella famiglia è antico quanto il matrimonio e si esaspera quando tra i coniugi interviene la legge e la sua cattiva interpretazione”. 

Lisa Gastoni
La critica è sempre severa con Renato Polselli. Paolo Mereghetti concede una misera stella: “Il film diventa subito una farsa di dubbio gusto non si capisce se pro o contro il divorzio, anche se è ambientata all’estero per evitare grane. Polselli non perde un’occasione per mostrare bellezze in bikini e inserire siparietti da avanspettacolo (con Ciccio e Franco che fanno gli avvocati). Personaggi idioti, gag penose: il disagio che ispira il suo cinema è sempre inarrivabile”. Pino Farinotti raddoppia il numero di stelle, ma non azzarda giudizi critici, mentre per Morando Morandini la pellicola non esiste. A nostro parere Le sette vipere non è invecchiato male, tra i migliori lavori di Polselli, ancora godibile, se si ha la pazienza di storicizzare dialoghi e situazioni. Ottima la fotografia in bianco e nero, discreto il commento musicale con le canzoni di Fineschi, poco serrato il montaggio.

Per vedere il film integrale: http://www.youtube.com/watch?v=g1_wxMcMW9I
In edicola è disponibile una buona versione edita Wobby & Worck, curata da Simone Buttazzi.

Gordiano Lupi

1 commento:

  1. Mitù la dolce segretaria che farà da mamma e da nuova moglie non è Annie Gorassini ma l'attrice argentina Susana Campos, la Gorassini ha una piccola parte ed è naturalmente bionda.

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