giovedì 19 luglio 2012

Cocoon - l'energia dell'universo

Il cinema di Claudia 16
Recensione di Claudia Marinelli

Regia: Ron Howard
Sceneggiatura: Tom Benedek
Soggetto: dal libro “Cocoon” di David Saperstein
Montaggio:  Daniel P . Hanley, Mike Hill
Fotografia: Donald Peterman
Musica: James Horner
Produzione: USA 1985
Durata: 117 minuti
Oscar: come attore non protagonista a Don Ameche


Quasi trent’anni fa un giovane Ron  Howard, il Richie Cunningham di “Happy Days”, diresse con garbo questa favola delicata e paradossalmente spietata sulla vecchiaia. 
Art (Don Ameche) Ben (Wilford Brimley) e Joe (Hume Cronyn) sono amici di vecchia data e vivono in un  bel pensionato per anziani in Florida con tanto di piscina,  attività ricreative e il Mar dei Caraibi a due passi. Joe e Ben sono ancora sposati con Alma (Jessica Tandy) e Mary (Maureen Stapleton) mentre Art è scapolo. Stanchi di frequentare sempre la piscina del pensionato, i tre amici escono alla chetichella per andare a farsi il bagno nell’elegante piscina coperta di una lussuosa villa disabitata poco distante. Grande è  il loro disappunto quando scoprono che la villa è stata presa in affitto da Walter (Brian Dennehy) e i suoi tre cugini tra cui la bella Kitty (Tahnee Welch) per quasi un mese. Questi affittuari però non vivono nella villa, hanno infatti affittato la barca dello squattrinato capitano Jack perché li porti in mare aperto a recuperare degli involucri il cui contenuto rimane un mistero. Jack è incuriosito, ma anche molto attratto da Kitty e dunque accetta la situazione. Gli involucri vengono scaricati di notte dalla barca di Jack e portati nella piscina dove vengono aperti: essi contengono degli enormi bozzoli che i quattro cugini depositano con cura sul fondo della piscina.


I tre vecchietti continuano ad andare di nascosto a farsi il bagno nella piscina della villa e se all’inizio rimangono un po’ sconcertati nel trovare i bozzoli, ben presto si convincono che questi siano innocui, anzi l’acqua della piscina risulta più calda e il bagno ben più piacevole. Ben presto i tre vecchietti si sentono ringiovaniti, Joe addirittura completamente guarito da un brutta malattia. Riscoprono la carica sessuale persa da anni e coinvolgono le rispettive donne, che accettano il cambiamento con gioia e stupore. Anche loro vengono iniziate ai benefici della piscina. Una notte, al largo sulla barca,  Jack attratto da Kitty la vedrà spogliarsi dalla pelle terrena e diventare un essere di luce. Impaurito cerca di scappare ma Walter, il cugino più grande, gli spiega che sono extraterrestri provenienti dal pianeta Antarea, e che sono solo venuti a recuperare venti loro amici lasciati sulla Terra diecimila anni prima, quando Atlantide sprofondò negli abissi dell’oceano. Jack si convince a mantenere il segreto e i quattro cugini continuano le loro immersioni. Un giorno rientrano più presto del solito con il loro cargo e i vecchietti che se la stanno spassando in piscina, devono nascondersi in tutta fretta. Così scoprono la vera natura degli affittuari, ma promettono loro di mantenere il segreto.


Purtroppo i comportamenti degli arzilli vecchietti sono troppo “anomali” e Bernie, un altro amico che vive con la moglie nel pensionato e che è stato messo al corrente del segreto, sparge la voce dell’acqua miracolosa perché vuole fermare gli amici in quanto ritiene che i benefici siano contro natura. La piscina allora viene presa d’assalto dai pensionati desiderosi di ritrovare le forze e la salute perdute. L’affollamento impoverisce l’acqua e due antareani nei bozzoli muoiono. In tutta fretta i cugini devono riportare i rimanenti bozzoli in mare perché ormai non possono sopravvivere al viaggio. Walter però, che per la prima volta prova dolore vedendo morire un suo simile, sviluppa empatia per gli esseri umani e propone loro di portarli su Antarea, dove potranno vivere in buona salute per sempre. I tre amici e le tre loro compagne accettano l’offerta, anche se per Ben questo significa lasciare l’amato nipotino. C’è posto per trenta persone sulla nave aliena e il gruppo di vecchietti lasciano convinti l’ospizio, anche se la polizia sembra volerli fermare. Bernie saluta i suoi amici, ha deciso di non partire in quanto accetta di morire, anche se la sua amata moglie lo ha lasciato  all’improvviso. Il personale del pensionato scopre che gli anziani vogliono andarsene con persone sconosciute e chiama la polizia che insegue il battello dove stanno gli alieni e i terrestri, ma la navicella riesce a prenderli tutti e parte per il suo viaggio intergalattico.


Cocoon è una favola sulla vecchiaia nella nostra società opulenta, e sulla nostra condizione umana, raccontata con garbo attraverso l’abile e gentile regia di Ron Howard, reduce dal successo di “Splash” l’anno prima. Il film, a distanza di 27 anni dalla sua uscita, è ancora capace di farci passare due ore piacevoli, riflettendo su temi scottanti della nostra società e della nostra vita.  Gli anziani vivono in un bellissimo villaggio, hanno a disposizione cure mediche appropriate e tempestive, favolose piscine, attività di gruppo organizzate, pasti già pronti, il sole e il mare della Florida, ma sono emarginati. Solo Ben e Mary stanno vicino alla figlia e al nipotino, che vedono spesso e al quale sono affezionatissimi, ma gli altri residenti, pur avendo tante persone intorno, vivono lontani dal calore degli affetti familiari, e non hanno legami col mondo all’esterno. Il villaggio diventa così un bellissimo luogo dove aspettare la morte. Certo l’attesa è piacevole e confortevole, anche perché alcuni hanno ritrovato lì amici di vecchia data, ma si tratta pur sempre di attesa della fine. Quando la morte porta via un residente, gli altri hanno imparato a ignorarla.


Nelle nostre società opulente si vive sempre più a lungo, ed è stata una scelta vincente quella dell’umanità di puntare sulla “quantità” di vita. Per un bambino che nasce oggi si parla di una speranza di vita di cento anni. Purtroppo alla “quantità” non corrisponde sempre una “qualità” di vita che permetta alle persone di vivere così a lungo anche in buona salute e in modo produttivo. Spesso gli anziani, come Art, Ben e Joe, sono vecchi nel fisico, ma hanno ancora una mente giovane e accettano male le limitazioni che il corpo impone loro. La soluzione al problema sembra non poter essere umana. I bozzoli allora altro non sono che una nuova versione del tanto agognato elisir di lunga vita, impossibile da trovare sulla Terra. L’immortalità non appartiene a questo mondo, per ottenerla bisogna pagare un prezzo: rinunciare alla nostra umanità.  
È giusto?Il film pone la domanda ma dà due risposte. Per il gruppo di anziani che lasciano la Terra il prezzo da pagare sembra giusto e non solo a coloro che non hanno più niente da perdere, anche per Ben e Mary, che lasceranno la figlia e il nipotino, la scelta non è molto drammatica. Bernie invece, anche se è rimasto solo perché sua moglie Rose è morta, decide di non partire: “La mia casa è questa, il mio posto è qui.” Risponde agli amichi che gli chiedono il perché della sua scelta. Lui ha accettato la sua condizione umana di essere mortale e limitato, trova giusto proprio perché è uomo, di dover morire, ma augura agli amici di trovare ciò che cercano. Questo film, forse all’insaputa dello sceneggiatore e del regista, annuncia già nel 1985, quesiti morali attuali e importanti che ci dobbiamo porre di fronte ai nuovi traguardi delle biotecnologie: fino a che punto è giusto manipolare il corpo umano per allungare la vita? Se l’immortalità è raggiungibile solo spogliandoci della nostra umanità, è giusto ambire ad un tale traguardo? Vi sono eminenti personalità della comunità scientifica, come ad esempio Ray Kurzweil, che affermano che presto si fonderà l’intelligenza biologica con quella artificiale, e l’uomo potrà ambire alla vita eterna in quanto potrà rimpiazzare, man mano che si deterioreranno gli organi del suo corpo incluso il cervello, le parti vecchie con congegni artificiali non biodegradabili. L’elisir di lunga vita lo troveremo dunque impiantando nel nostro corpo congegni avveniristici? Interessante, come tematica secondaria, è la riflessione sul dolore e la perdita. Gli alieni non conoscono la morte e dunque neanche il dolore per la perdita di un loro simile.
Walter è molto arrabbiato perché l’invasione di vecchietti nella piscina ha impoverito l’acqua e due amici dell’antareo muoiono. Per la prima volta Walter piange ed è un’esperienza nuova per lui, dolorosa ma anche illuminante. Solo dopo aver provato dolore comincia a provare empatia per gli esseri umani. Se non si muore, non si soffre neanche e se non si soffre non si può capire la sofferenza e Walter è addolorato per i suoi amici, ma anche grato per aver avuto la possibilità di capire un sentimento che sul suo pianeta non avrebbe mai avuto l’occasione di provare, dunque offre agli umani di portarli su suo pianeta. L’empatia dunque sarebbe un sentimento che gli esseri umani imparano appena nascono proprio perché sono mortali.
Gli interrogativi posti e il modo di raccontare la storia sono i punti forti di questo lungometraggio, che però si perde un po’ alla fine quando vediamo l’intervento della polizia che vuole a tutti i costi fermare i vecchietti che si vedono costretti a scappare. La sceneggiatura allora diventa, negli ultimi dieci minuti, un film d’inseguimento con tanto di poliziotti armati ed elicotteri, nella tradizione hollywoodiana più “di cassetta”.
Possiamo comunque affermare che “Cocoon”, come un buon film di fantascienza, pone interrogativi inquietanti e anche affascinanti, e lo fa facendoci sorridere e regalandoci ore di puro divertimento, e per fortuna segue la tradizione più profonda del genere, che è quella di interrogarsi sul nostro futuro e di esprimere le più profonde aspirazioni e le più inquietanti paure del genere umano.

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