giovedì 20 marzo 2014

Appunti sul cinema surrealista


Non è facile definire il cinema surrealista. Possiamo dire che siamo di fronte a un’opera surrealista in presenza di eccessi onirici, sovrabbondanza di fantasia, immagini che provengono dal sogno e fecondano la realtà, come un assurdo gioco di specchi, concatenazioni fantastiche di prospettive falsate. Il surrealismo rappresenta il trionfo delle passioni, l’immaginario che vince sul reale, il sogno sulla concretezza.


Luis Buñuel gira Un chien andalou (1929) e scrive un vero e proprio manifesto surrealista fatto di sequenze oniriche tra lame di rasoi che distruggono bulbi oculari e asini marciti su pianoforti. Il sogno è una caratteristica del surrealismo, praticato al cinema da Juan Buñuel (Léonor, La ragazza con gli stivali rossi), Alfred Hitchcock (Psycho), Jean Rollin (La vampira nuda, Violenza a una vergine), Dusan Makavejev (Sweet Movie, 1975). Proprio il bagno nella cioccolata di Carl Laure sarà ripreso e smitizzato da Alberto Cavallone in Blue Movie con Dirce Funari cosparsa di escrementi. Un altro autore ispirato dalla lezione surrealista è Walerian Borowczyk con i sogni malati che compongono La bestia, i Racconti immorali e persino Ezsebet Bathory, glaciale quasi quanto il Salò di Pasolini. Alejandro Jodorowsky non è da meno con La montagna sacra, El Topo e Santa Sangre, seguito da Viva la muerte di Fernando Arrabal e dagli eccessi onirico - fantastici di Fernando Topor.

 
In Italia, Filippo Tommaso Marinetti scrive il Manifesto del cinema futurista (1916), il suo rappresentante teorico sembra Anton Giulio Bragaglia che gira Perfido incanto (1917) interpretato da Lyda Borelli. Si parla di fotodinamismo futurista, molto vicino al surrealismo, per un’opera con protagonista una contessa mangiatrice di uomini che vive in una casa arredata con sedie senza forma e pareti cosparse di enormi occhi. L’occhio è un elemento fondante della poetica surrealista. Ricordiamo il sogno della contessa che muore suicida mentre vede aculei che escono dal muro e la trafiggono. Anticipazioni di Lucio Fulci (gli occhi distrutti sono una sua caratteristica) e Dario Argento (Suspiria), ma per restare al campo del cinema fantastico è surrealista anche Mario Bava (la bambina con il pallone, i sogni…).


Il cinema di Michelangelo Antonioni e Federico Fellini è intriso di momenti surrealisti, soprattutto il secondo fonda la sua poetica sul sogno e Il viaggio di G. Mastorna (mai girato, abbiamo solo un fumetto di Milo Manara) sarebbe stata la sua opera più onirica. Il cinema di Tinto Brass è intriso di surrealismo, soprattutto prima della svolta porno - soft: Chi lavora è perduto (1963), Nerosubianco (1969), Col cuore in gola (1967), Snack Bar Budapest (1988), Action (1980). Tornano spesso i neri e i nani, figure surrealiste per eccellenza, soprattutto i nani, intesi come elementi magici, fuori dagli schemi. Sono surrealisti alcuni film di Giulio Questi (La morte ha fatto l’uovo, Arcana, 1970 - 71) e Hanno cambiato faccia di Corrado Farina, pellicola di vampiri a tinte politiche, intrisa di momenti onirici.


Alberto Cavallone è surrealista in quasi tutta la sua opera, da Spell (Dolce mattatoio) a Blue Movie, passando per Zelda e Maldoror, con i suoi manichini, le bambole, i nani del porno firmato Baron Corvo, i neri come momento estremo defloratore e sadico. Cavallone gode del piacere dello scandalo, spinge la poetica agli eccessi al punto di fare porno - surrealismo. Il massimo lo raggiunge con la scena di Maldoror girata al mattatoio, di primo mattino, quando dal ventre di una vacca spellata fuoriesce una donna nuda, prima lavata con un enorme pene - idrante, quindi stuprata a morte dallo stesso attrezzo fallico. Una scena che non vedremo mai, perché tratta da un film scomparso, ma in tutta l’opera di Cavallone si notano scene di grande violenza surrealista.


Basti pensare a Blue Movie e a molte sequenze che vedono protagonista Dirce Funari, prima impegnata a inscatolare escrementi nei pacchetti di sigarette, quindi cosparsa di feci e alimentata con la sua orina. Persino i porno firmati Baron Corvo sono surrealisti e contribuiscono a esprimere una filosofia esistenziale - già compiuta in Spell e Maldoror - per la presenza del nano e di molte sequenze bizzarre che lo vedono protagonista. Spell è un capolavoro surrealista: occhi rappresentati su vagine, mattatoi come covi del vizio, defecazioni durante rapporti, parti oniriche e messaggi subliminali contro un ipocrita mondo borghese. Cavallone conosce e cita Arrabal, Jodorowsky, René Clair, Bataille, Leautreamont…

Per approfondire: Nocturno Dossier 81 - Il rasoio e la luna – Guida al cinema surrealista

Nessun commento:

Posta un commento