venerdì 24 ottobre 2014

Mery per sempre (1989)

di Marco Risi



Regia: Marco Risi. Soggetto: Aurelio Grimaldi (dal romanzo Meri per sempre, Editore La Luna, ripubblicato nel 2013 come Malaspina). Sceneggiatura e Dialoghi: Sandro Petraglia, Stefano Rulli. Fotografia: Mauro Marchetti. Montaggio: Claudio Di Mauro. Operatore Macchina: Fabio Zamarion. Fotografo di Scena: Bruno Bruni. Scenografia: Massimo Spano. Costumi: Roberta Di Bagno Guidi. Fonico di Presa Diretta: Tommaso Quattrini. Aiuto Regista: Giovanni Ricci. Organizzatore Generale: Alberto Passone. Musiche: Giancarlo Bigazzi. Arrangiamenti: Dado Parisini. Edizioni Musicali: Abon Group srl. Direttore di Produzione: Massimo Ferrero. Produzione: Claudio e Aurelio Bonivento, Pietro Valsecchi (consulente). Casa di Produzione: Numero Uno International srl. Esterni: Palermo. Doppiaggio: C.D.C. Consulente Dialetto Siciliano: Tony Sperandeo. Effetti Sonori: Italo Cameracanna. Negativo: Kodak spa. Colore: Telecolor spa. Interpreti: Michele Placido, Claudio Amendola, Francesco Benigno, Alessandro Di Sanzo, Tony Sperandeo, Roberto Mariano, Maurizio Prollo, Filippo Genzardi, Giovanni Alamia, Alfredo Li Bassi, Salvatore Termini, Gianluca Favilla, Giuseppe Giarraffa, Michela Cusano, Matteo Mondello, Maria Cristina Mastrangeli, Calogero Buttà, Luigi Maria Burruano, Ninni Picone, Aurora Quattrocchi.


Marco Risi (1951) è figlio d’arte del grande Dino e nipote di un buon artigiano come Nelo, con cui debutta nelle vesti di aiuto regista (Una stagione all’inferno, 1971). Esordisce alla regia nel documentario, si dedica alla commedia - sulle orme paterne - per cambiare genere e lasciare il segno con opere interessanti: Soldati - 365 all’alba (1988), Mery per sempre (1989), Ragazzi fuori (1990), Il muro di gomma (1991). Torna alla commedia, ma si perde in lavori poco incisivi, tra i quali spiccano in negativo L’ultimo capodanno (1998) e un film su Maradona (2007).


Mery per sempre è una pellicola realistica che si inserisce nella tradizione del poliziottesco, contaminandolo con il mafia-movie e il prison-movie, calato in una perfetta ambientazione palermitana e carceraria. Risi è debitore del noir di Fernando di Leo ma anche delle pellicole tra le sbarre dirette da Brunello Rondi (Prigione di donne, 1974) e Bruno Mattei (Violenza in un carcere femminile, 1982). Il regista adatta un soggetto di Aurelio Grimaldi per raccontare con immagini crude e graffianti il mondo della microcriminalità giovanile siciliana, più o meno legata ai traffici mafiosi. Il film racconta con stile pasoliniano la vita tra le sbarre di alcuni personaggi marginali, ragazzi di vita, ladruncoli, transessuali, picciotti che a casa lasciano compagne incinte, rudi secondini, poliziotti violenti. Michele Placido è il protagonista principale, il professore con una donna da dimenticare che accetta un trasferimento in Sicilia, in una scuola carceraria. Il suo rapporto con i ragazzi diventerà sempre più complesso, poco a poco riuscirà a conquistare la loro fiducia, entrerà a far parte del loro mondo, consigliandoli e proteggendoli. La sua classe è composta da piccoli delinquenti, spacciatori, persino un omicida, un piccolo boss rispettato da tutti. Claudio Amendola (Pietro Giancone) è l’allievo prediletto, un ragazzo solo, problematico, che dopo aver tentato la fuga morirà in un letto d’ospedale, ferito in un conflitto a fuoco, stringendo la mano del professore. Tony Sperandeo (consulente per il dialetto siciliano) è il secondino ottuso, consumato da una vita a contatto con i giovani delinquenti, inflessibile e implacabile. In carcere accadono episodi di bullismo ai danni di un ragazzino, tentativi di violenza carnale, ribellioni, momenti di emarginazione, in un clima di fondo molto realistico. Importante la parte che vede protagonista il transessuale Mario, la Mery per sempre del titolo, donna dentro, che rifiuta un corpo da uomo. Il suo amore per il professore - non corrisposto, nonostante un bacio - è uno dei momenti topici della pellicola. “Per capirmi dovresti essere come me”, afferma. Notevole anche il discorso del professore contro la mafia mentre il giovane boss lo sbeffeggia e prima aveva incitato i compagni a inneggiare alla mafia. Un momento lieto di un film molto crudo è rappresentato dalla nascita del bambino a un giovane carcerato che si reca a vederlo insieme al professore. Si ricorda una scena madre teatrale con Placido che arringa i carcerati dopo la morte di Pietro, li invita a non commettere i suoi errori. Ottimo il finale, anche se scontato e in parte retorico, con Placido che sceglie di restare in carcere con i suoi ragazzi invece di accettare il trasferimento in un liceo di Palermo. Un nuovo alunno, Alessandro, mostra atteggiamenti asociali tipici di Pietro, al punto che gli fa ricordare l’allievo prediletto. 


Mery per sempre è un film girato con grande perizia tecnica, mirabile mix di musica e immagini, notevoli inseguimenti cittadini, riuscite sequenze ai mercati generali e ottime carrellate per le strade di Palermo. Citazioni del Nino D’Angelo - movie durante un approccio tra Pietro e la fidanzata in un cinema del centro, dove passano Lo studente (1982) di Ninì Grassia, una pellicola del popolare cantante melodico napoletano. Risi cita Antonioni in una scena rimasta emblematica: i ragazzi in carcere, durante l’ora d’aria, vengono privati del pallone dal rude secondino Sperandio, ma continuano a giocare fingendo di passarsi una sfera inesistente. Gli attori provengono quasi tutti dalla strada, molti recitano la parte di loro stessi, una lezione di realismo che contagerà gli emuli di Risi del Duemila, chiamati a dirigere serie televisive di argomento mafioso e film di successo (Gomorra). A proposito di Mery per sempre (che nel romanzo autobiografico di Grimaldi si scrive Meri) qualcuno ha parlato di neo - neorealismo, per l’uso stretto del dialetto e per la recitazione spontanea, priva di forzature teatrali. A nostro avviso, Marco Risi contamina il realismo con il melodramma e persino con brevi sequenze da lacrima-movie, quando Placido raccoglie l’ultimo respiro di Amendola in ospedale. Alcune ambiguità nel rapporto tra il professore e il transessuale sembrano volute, così come la relazione tra l’insegnante e Pietro, allievo preferito, non è immune da dubbi di velata omosessualità. Una pietra miliare degli anni Novanta, con un sequel: Ragazzi fuori (1990).



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